L’ipogeo
Durante gli interventi di restauro e consolidamento della chiesa (2002 – 2009) sono emerse numerose strutture di età imperiale romana, riferibili a diversi ambienti che componevano una terma. I resti sono impostati a notevole profondità rispetto all’attuale piano stradale, raggiungendo in alcuni punti la quota di m. 7. Si tratta di pilae in laterizi, i pilastrini che sostenevano i pavimenti detti a suspensurae, creando una intercapedine (ipocausto) sotto le sale utilizzate come calidarium o tepidarium, per consentire la circolazione dell’aria calda emessa dalle fornaci. In diverse zone, lungo il versante occidentale della chiesa, sono emerse alcune vasche rivestite d’intonaco e cisterne per la raccolta delle acque, mentre ad est sono stati individuati diversi tratti di pavimenti a mosaico in opus tessellatum, composti di tessere monocrome in calcare. Il rivestimento musivo, riferibile ad ambienti di prestigio nell’ambito della terma, è emerso a m. 3,30 di profondità. Poggia su uno spesso strato preparatorio in cocciopesto e si attesta presso imponenti murature il laterizi o in opus mixtum, una delle quali si dispone in parallelo lungo il muro settentrionale dell’attuale chiesa, a breve distanza dalle nicchie della navata laterale. Purtroppo ripetuti interventi costruttivi che hanno interessato il sito nel corso dei secoli, hanno cancellato gran parte dell’impianto termale, e solo attraverso la ricomposizione dei tratti residui potremo forse dedurre la sua originaria organizzazione spaziale. Per le stesse ragioni risultano ancor più rade le tracce di epoca antecedente. I resti più antichi, risalenti all’età ellenistica, sono costituiti da pochi frammenti ceramici e da una grande tomba con le pareti rivestite di lastrine calcaree sovrapposte, depredata in antico. Una nuova fase edilizia, successiva all’abbandono della terma, risale all’età tardo medievale, quando nell’area viene costruita una piccola chiesa con abside rivolta ad est. Dell’edificio sacro restano alcuni tratti dei muri perimetrali, parte dell’abside e del pavimento in lastre rettangolari di calcare. Nella conca absidale, affiancata alle lastre pavimentali, si trovava una lastra di riutilizzo di dimensioni molto maggiori, con un’estremità di forma semicircolare. Ribaltata quindi la lastra, si è potuto ammirare sulla faccia prima non visibile una raffinata decorazione scultorea, costituita da un volto maschile barbato, in posizione frontale, e da una ricca ornamentazione a motivi geometrici e vegetali in basso rilievo. Sui resti della chiesetta medievale è stata poi costruita, con lo stesso orientamento, la chiesa seicentesca a due navate in stile barocco. Altri interventi costruttivi di notevole entità sono stati effettuati fra il XVII e il XVIII secolo per la realizzazione di grandi camere funerarie ipogee, destinate ad accogliere numerosi inumati. Le profonde escavazioni praticate in quell’epoca hanno causato la distruzione di gran parte della terma preesistente. Molti dei resti di età romana sono stati individuati infatti proprio al fondo dei vani funerari.
Dott.ssa Ada Riccardi da “Il Rubastino ANNO 2007 N.1″
La Grotta di San Cleto
La struttura si compone di un ampio vano rettangolare, voltato a botte (a sezione semicilindrica) su basse pareti di mattoni, rinforzato ad intervalli irregolari da due archi trasversali che dividono il vano il vano in tre campate. La lunghezza totale del soccorpo misura m. 20,50 circa; larghezza m. 4,40; altezza m. 3,30 circa. La tecnica romana è riconoscibile nelle strutture murarie, nel rivestimento adoperato e nell’uso simultaneo dell’opus testaceum, opus reticulatum, opus caementicium e signinum. La cortina laterizia delle pareti del vano, innalzata dal pavimento fino a m. 1,20 circa, è composta da corsi regolari di mattoni cotti (opus testaceum), impiegati per la loro funzione assorbente dell’umidità, di lunghezza pressoché uniforme (cm. 28 – cm. 32; alt. cm. 3) alternati a strati di malta dello spessore di cm. 2 circa. Uno strato di cocciopesto grezzo, composto di malta e frammenti minuti di tegole, protegge la cortina laterizia fino all’altezza di m. 1,60 circa (spessore cm. 2), rafforzandone la capacità impermeabilizzante. L’opus caementicium (opera a secco costituita da una miscela di malta o materies) e di piccoli scapoli di pietra (caementa). La volta è rivestita inoltre da intonaco protettivo (opus tectorium) di frammenti minutissimi di pietra e di tufo misti a calce e sabbia; tale rivestimento si stende anche nella parte bassa dei pilastri. Il cocciopesto o opus signinum (conglomerato di piccoli frammenti di materiale fittile a malta fine, fortemente battuti) protegge dall’umidità del luogo la cortina laterizia delle pareti e i consueti raccordi a guscio tra pareti e pavimento, adoperati per evitare la formazione di impurità negli spigoli.
Visita virtuale alla Grotta di San Cleto